
ESTRATTI DA "LA STANZA DELLE OMBRE"
Inquilino sconosciuto
Scrivo …
Scrivo perché non so pensare.
Spesso rinnego il pensiero,
quella piccola piaga dell’essere.
Ma una mente vuota
non è mente,
una colma è dolente.
Con la calma rassegnata
di chi ha perso tutto
e non vuole niente
accetto l’insensatezza
delle cose e di noi,
quella percettibile
mancanza di sostanza.
Non posso condividere
l’eternità di una vita
con un estraneo:
fallito matrimonio
come tanti.
Eppure non riesco a pensare
quando l’inquilino che è in me
mi si siede davanti
senza dir nulla,
con la freddezza di chi non è.
Gli occhi fissi nel buio.
Non riesco a dir nulla:
e le ombre intorno a noi
bisbigliano.
Così scrivo.
Se scrivo posso, riesco
a guardarlo negli occhi.
Nel nero della sua pupilla
imbevo la penna,
inchiostro crudele.
Scrivo parole mai dette,
morte in gola
prima che il respiro le emetta.
Do ut des
L’acqua nel lavello
mi rimanda lo spettro
di ciò che fu.
Le mie vesti
sono quelle di sempre
e sfoggia ancora la porta
le tracce consunte
di colui che andò
per non tornare,
recando sulle spalle
tutto ciò che non potrò avere
e che pertanto, perdonami,
non so dare.
Requiem
A restare sarà la mia memoria,
il ricordo di un giorno o di un’ora.
A restare sarà il sentimento
nel corpo dell’altro,
l’idea che ha inventato di me.
Non sono che l’immagine
sulla retina dell’altro.
Sono tutto ciò che non provo.









